Eccentricità, stravaganza e originalità sono le parole che descrivono al meglio Yayoi Kusama. L’artista giapponese che da qualche anno vive in un centro psichiatrico, domina il panorama artistico contemporaneo da ormai sessant’anni. Ancora oggi fa parlare di sé: il 1 ottobre 2017 verrà aperto il suo personale museo a Shinjuku, uno dei quartieri più famosi di Tokyo. L’edificio ospiterà in forma permanente le opere dell’artista ma saranno presenti anche spazi dedicati a mostre temporanee. Aspettando l’imminente apertura, ripercorriamo il percorso dell’artista giapponese citando alcune delle sue opere più memorabili.

Il museo di Yayoi Kusama a Shinjuku

Il museo personale di Yayoi Kusama. Photo by Masahiro Tsuchido © Yayoi Kusama

I primi contatti con l’arte

Yayoi Kusama nasce nel 1929 a Matsumoto, nella prefettura di Nagano. Fin da piccola soffre di disturbi mentali ed emotivi che la portano ad avere incubi ed allucinazioni. Inizia allora a vedere l’arte come una valvola di sfogo e a riconoscerne il potere curativo. Kusama trasferisce le ossessioni che popolano la sua mente sulla tela, dando vita ai quei tratti che diventeranno distintivi nel suo lavoro. Sogna di lasciare il Giappone per assaporare il gusto di una vita diversa.

Yayoi Kusama

Yayoi Kusama

Ispirazione grandissima per Yayoi Kusama è Georgia O’Keeffe, moglie del fotografo Alfred Stieglitz. L’artista statunitense è indubbiamente fra le personalità artistiche più influenti della prima metà del Novecento. “L’amante del paesaggio e del colore”, che fin da ragazzina sognava di diventare una pittrice, dipinge inizialmente utilizzando carboncino e acquarelli, per poi passare alla pittura ad olio. L’arte di Georgia non solo la colpisce profondamente ma rappresenta anche l’incoraggiamento di cui Yayoi Kusama aveva bisogno per dare il via alla sua attività artistica. Kusama intrattiene con la statunitense una corrispondenza epistolare di fondamentale importanza per la sua carriera. Infatti, come lei stessa ha ammesso, è grazie a Georgia che l’artista giapponese ha raccolto il coraggio per lasciare il Giappone.

Yayoi Kusama, Infinity Net

Yayoi Kusama, Infinity Net, 2013 © Yayoi Kusama

Da Matsumoto a New York

Alla fine degli anni Cinquanta, Yayoi Kusama realizza il sogno di abbandonare Matsumoto trasferendosi a New York. Nel ’59 crea le prime opere della serie Infinity Net, tele molto grandi su cui l’artista riproduce reti di minuscole particelle. Il risultato è quasi ipnotico e fa sì che lo spettatore si perda nella pluralità di frammenti. Queste opere rappresentano il primo grande successo di Yayoi. Da questo momento i motivi delle Infinity Net fuoriescono dalla tela e investono pavimenti, soffitti e mobili.

Il lavoro dell’artista giapponese, allora, diventa qualcosa che invade la realtà, qualcosa di palpabile che si pone a diretto contatto con lo spettatore. I capolavori di Yayoi Kusama sono stravaganti e si imprimono nella mente dello spettatore, che difficilmente resterà indifferente. Ciò che colpisce del suo lavoro è il coinvolgimento emotivo che produce nel pubblico. Questo si immerge in un universo nuovo, poliedrico e si trova ad assumere un punto di vista completamente originale, quello dell’artista.

Yayoi Kusama, Narcissus Garden

Yayoi Kusama, Narcissus Garden, installazione alla Bienniale di Venezia, Italia, 1966 © Yayoi Kusama

Ripetitività e accumulazione nelle opere

Le caratteristiche che accomunano tutte le opere di Yayoi Kusuma sono la ripetitività e l’accumulazione ossessiva di alcuni motivi ricorrenti. Tra le numerosissime opere dell’artista, ricordiamo alcune delle più celebri.

Narcissus Garden viene inizialmente situata nello spazio che circonda la splendida Glass House di Peter Johnson per festeggiarne il decimo anniversario dell’apertura al pubblico. Narcissus Garden è un’installazione costituita da sfere argentee che galleggiano in uno stagno. Muovendosi e riflettendo il paesaggio circostante, creano un’opera unica nel suo genere.

Yayoi Kusama, All the Eternal Love I have for the Pumpkins

Yayoi Kusama, All the Eternal Love I have for the Pumpkins, 2016

Il processo di fuoriuscita dell’arte dalla tela già presente in Infinity Net si propone di nuovo nella serie Dots Obsession. Qui l’artista riporta un motivo che compariva spesso nelle allucinazioni di cui soffriva da bambina: i pois. Questi invadono lo spazio e lo stravolgono, sono ovunque: sul pavimento, il soffitto e le pareti ma anche sui grandi palloni dalla forma amorfa. Si trovano anche in alcune installazioni di Infinity Mirrors. Questa serie, tra le più conosciute in assoluto, presenta stanze di specchi che riflettono i motivi caratteristici del lavoro dell’artista.

Yayoi Kusama, Aftermath of Obliteration of Eternity

Yayoi Kusama, Aftermath of Obliteration of Eternity, 2009 © Yayoi Kusama

Yayoi Kusama, The Souls of Millions of Light Years Away

Yayoi Kusama, The Souls of Millions of Light Years Away, 2013 © Yayoi Kusama

Pensiamo, ad esempio, ad All the Eternal Love I have for the Pumpkins: la Infinity Mirrored Room ci fa scoprire un altro dei marchi di fabbrica dell’artista, cioè la zucca. La famiglia di Yayoi coltivava e vendeva zucche, che quindi sono presenti nella sua vita fin dalla tenera età. In questa particolare installazione ci troviamo di fronte ad una distesa infinita di zucche gialle luminose e ricoperte, ovviamente, di pois neri.

The Souls of Millions of Light Years Away ci trasporta invece in una dimensione surreale. Sembra infatti di essere immersi nello spazio, circondati da milioni di stelle. Grazie ad Aftermath of Obliteration of Eternity lo spettatore si immerge in un’atmosfera magica, popolata da lanterne dorate che richiamano l’obon, una tradizionale festività giapponese. Caratteristica fondamentale e comune a tutte le installazioni della serie Infinity Mirrors è il fatto che lo spettatore non è più soltanto fruitore dell’opera ma parte integrante di essa.

Yayoi Kusama per Louis Vuitton. Concept store, Singapore

Yayoi Kusama per Louis Vuitton. Concept store, Singapore

Ricordiamo inoltre due notevoli collaborazioni: quella con Peter Gabriel nel video musicale Lovetown e quella con Marc Jacobs, quindi con Louis Vuitton, nel 2012. Quest’ultimo, in particolare, è rimasto colpito dall’infinita forza ed energia che Kusama esprime nei suoi capolavori.