Oscar Wilde (e chi se no) come spirito guida e una serie di pensieri (58 in totale) scritti sotto forma di annotazioni. Questi i due soli ingredienti che bastarono alla studiosa americana Susan Sontag per “cucinare” la “ricetta” del Camp. Risultato? Un “flan” di eccesso, ironia e artificio che ha trovato (trova) nella moda la mise en place perfetta.

Lo hanno capito al Metropolitan Museum di New York che, con un salto in lungo degno del più bravo degli atleti, passa dal sacro al profano in uno schioccar di dita. Dopo la fortunatissima Heavenly Bodies, sul rapporto tra moda e religione, è Camp: Notes on Fashion il titolo della prossima grande mostra realizzata dal Costume Institute del museo newyorchese. Il chiaro riferimento è al lungimirante Notes on Camp scritto dalla Sontag nel ’64.

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“È bello perché è orribile”: breve guida al Camp (con qualche esempio)

Nel suo ultimo appunto, Susan Sontag descriveva il Camp proprio così: “È bello perché è orribile”. Ma allora, direte voi, possibile che un museo, “casa” del bello per eccellenza, omaggi un gusto così terribile, in soldoni brutto?

Possibile, e per darvi credito di quanto Camp (meraviglioso) aleggi nella moda contemporanea, proviamo a fornirvi qualche esempio pratico. Nemmeno a dirlo, una mano rimane poggiata sul “libretto” della Sontag, in una sorta di catalogazione “liberamente ispirata a”.

“L’essenza del Camp è il suo amore dell’innaturale, dell’artificio, dell’eccesso”

Parli di “esuberanza”, per lo meno di quella in salsa fashion, e non può non venirti in mente colei che ha fatto dell’“en-travesti” il suo marchio di fabbrica: Lady Gaga. Che indossi le Armadillo Shoes di McQueen o l’ultima it-bag Celine by Hedi Slimane, poco importa, perché Miss Germanotta sa decisamente come farsi notare. Lo ha fatto per la première mondiale di A star is born, dove ha calcato il red carpet veneziano tutta agghindata di piume rosa confetto, firmate Valentino. Ma lo aveva fatto anche un po’ prima, quando era arrivata al lido in battello sfoggiando un look così da diva che Madonna lèvati (la signora Ciccone ci scuserà per l’imperativo). Insomma, in eccesso o in sobrietà, Lady Gaga è una di quelle celebrità ultra pop e quindi Camp. Non a caso, la diva sarà co-host dell’inaugurale e glamourosissimo Met Ball.

“Lo stile è tutto”

Ma, a presenziare alla serata, Lady Gaga non sarà sola. Oltre all’inossidabile e immancabile Madama Wintour, ad aprire le danze saranno quest’anno anche Alessandro Michele e Harry Styles. Un duo, insomma, che in fatto di stile se ne intende. Quello “massimalista” e iper-decorato, sfociato in una campagna pubblicitaria per Gucci che vedeva l’ex One Direction tenere amabilmente sotto braccio una gallina, all’interno di un tipico fish & chips inglese. Kitsch? Assolutamente. Stiloso? Manco a dirlo. Meravigliosamente Camp? Chiaro che sì.

“Il Camp mette tutto tra virgolette”

Ha un ché di profetico (per lo meno nella moda) il pensiero numero dieci che Susan Sontag formulò nel suo famoso saggio. Dite che Virgil Abloh, prima di fondare il suo Off-White, abbia dato una sbirciatina? Non lo sappiamo. Ma le sue ormai celeberrime citazioni applicate su abiti e accessori certo sarebbero piaciute alla scrittrice americana.

“Il Camp è scherzoso, è anti-serio”

Lo sapeva bene il compianto Franco Moschino che per la primavera estate del ’91 stampava a caratteri cubitali un “Too much irony” sul retro di una camicia bianca. Ma lo sa bene, oggi, anche il suo successore Jeremy Scott che, tra omaggi alla Barbie e passerelle “aliene”, manda in scena un citazionismo pop spiritoso e ultra leggero.

“(Il Camp) è la scoperta di un buon gusto del cattivo gusto”

Vale a dire, continuava la Sontag, che “fa bene alla digestione”. Traslato in linguaggio contemporaneo e modaiolo, è un po’ come dire che le Triple S di Balenciaga sono quell’oggetto talmente brutto che poi, alla fine e non si sa bene perché, diventa il feticcio di ogni trendsetter che si rispetti. Tutta colpa della misteriosa legge della moda (e del Camp).

Camp: notes on fashion. Cosa vedere in mostra

Venendo al dunque (e facendoci decisamente più seri) sarà interessante osservare come la moda e suoi “autori” abbiano interpretato negli anni il gusto, o meglio, la sensibilità Camp. Come abbiano trasformato eccesso, frivolezza e teatralità (per citare alcuni degli aggettivi usati dalla Sontag) in abiti e accessori dagli stili più disparati.

L’appuntamento, per ammirare oltre 175 capi di abbigliamento maschili e femminili, rimane quindi fissato per il prossimo 9 maggio, quando il Met aprirà le sue sale a quell’estetica del brutto che poi così brutto non è. Lo provano bene i nomi di alcuni dei designer che gremiranno le stanze del Costume Institute: Cristóbal Balenciaga, Jean Paul Gaultier, Alessandro Michele, Demna Gvasalia, Karl Lagerfeld, Yves Saint Laurent, Elsa Schiaparelli o Charles Frederick Worth. Senza dimenticare il doveroso sconfinamento nell’arte. Quella che, tra dipinti, disegni e sculture, ha offerto dal XVII secolo in poi, i più “aulici” esempi di Camp.

Mai primavera fu più attesa!

Camp: Notes on Fashion sarà in calendario dal 9 maggio all’8 settembre 2019 presso il MET Fifth Avenue. Per tutte le informazioni sulla mostra, date un’occhiata qui.