Il glitter stretch marks sembra essere l’ultima frontiera, almeno su Instagram, della body consciousness: #glitterstretchmarks, ovvero, riempire le tanto odiate smagliature di glitter luminosissimi.

#glitterstretchmarks, gold glitter © Crew & Lu by Uyen Carlson

© Crew & Lu

L’idea, diventata virale in pochissimo tempo, è venuta alla (quasi dentista) artista pakistana Sara Shakeel che ha trasformato il comunissimo (ahinoi) difetto fisico, in opera d’arte. Cosce, glutei e addomi sono diventati “tele bianche” su cui stigmatizzare l’imperfezione che, con l’aggiunta di un po’ di colore, diventa inaspettatamente bella. E in effetti, l’hashtag #glitterstretchmarks è ormai un trend su Instagram. Sono moltissime le donne che hanno deciso di ripostare immagini di parti del proprio corpo, ritoccate da sferzate di luminosità.

Un post condiviso da Sara Shakeel (@sarashakeel) in data:

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Zinteta e la sua arte “femminista”

Un’operazione non dissimile a quella di un’altra, giovanissima artista spagnola. Anche Cinta Tort Cartró, in arte Zinteta, si è scagliata contro inestetismi di ogni tipo: smagliature appunto, ma anche macchie della pelle e nei. Definendo se stessa una “feminist artivist”, Zinteta ha ampliato il discorso sulla body consciousness verso importanti tematiche. Il suo ultimo progetto, chiamato Miedo (in italiano paura), è una potente riflessione sulla pressione estetica a cui il corpo delle donne deve continuamente sottostare. Una pressione che è, nell’idea di Cinta, una vera e propria violenza, traducibile spesso in disturbi alimentari o forme di autolesionismo. Così, sul suo profilo Instagram, Zinteta ci sbatte in faccia la tristissima realtà di un avambraccio auto-ferito – i cui tagli godono però di nuova considerazione, grazie ai glitter dorati.

Un post condiviso da Cinta Tort Cartró 🌙 (@zinteta) in data:

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Sono colpi di colore, quelli di Sara e Cinta, che ci costringono a guardare anche dove il nostro sguardo non indugerebbe. La loro arte ci spinge a riconsiderare l’idea stessa di difetto, ci fa riflettere sugli impossibili canoni estetici cui la moda o la società ci hanno abituato.